L’attuale governo guidato da Giorgia Meloni ha avviato un profondo cambiamento nella normativa italiana sulla caccia, suscitando vivaci discussioni tra cittadini, associazioni ambientaliste e mondo politico. Analizziamo le novità della legge proposta, il contesto politico e le possibili conseguenze sulla tutela della biodiversità e delle aree protette in Italia.
La riforma, fortemente sostenuta da Giorgia Meloni e dal suo esecutivo, mira a modificare la storica legge 157/92 che regolamenta la protezione della fauna selvatica e la gestione dell’attività venatoria. Uno dei cambiamenti più rilevanti è l’apertura della caccia anche in spiaggia, nelle aree demaniali e persino nelle zone fino a oggi protette. Le Regioni potranno ridurre le aree protette a favore di nuovi territori di caccia e la legge prevede la riapertura dei roccoli e la liberalizzazione dei richiami vivi, pratiche fortemente criticate da ambientalisti e scienziati.
Secondo Il Fatto Quotidiano, questa riforma rappresenta un vero e proprio ribaltamento della normativa precedente e un attacco all’articolo 9 della Costituzione, che tutela l’ambiente come patrimonio collettivo. Viene inoltre segnalata la possibilità di cacciare nei boschi, in aree pubbliche e sulle spiagge, aumentando i rischi non solo per la fauna, ma anche per chi frequenta questi spazi naturali.
Il mondo ambientalista e animalista si è mobilitato in difesa della natura e della fauna selvatica, denunciando la nuova legge come "vergognosa" e dannosa. Le principali associazioni italiane come WWF, ENPA e LIPU hanno evidenziato il rischio di favorire il bracconaggio e di compromettere decenni di progresso per la tutela della biodiversità. Un’analisi approfondita delle conseguenze sociali e ambientali è illustrata in un editoriale di Umbria e Cultura, che define il disegno di legge come “una ferita aperta all’etica, alla giustizia, al futuro stesso di questo Paese.”
Tra i punti più contestati emergono la possibilità di cacciare anche di notte e in primavera durante la stagione della riproduzione, la cancellazione di controlli efficaci e l’allargamento delle licenze anche a cittadini stranieri senza una formazione adeguata. Questa serie di misure, secondo molti osservatori, risponde più agli interessi delle lobby venatorie che a una reale necessità di tutela ambientale.
La riforma proposta dal governo Meloni mette a rischio l’obiettivo europeo di proteggere almeno il 30% dei territori naturali entro il 2030. Il testo prevede una significativa riduzione delle aree protette, anche grazie all’intervento diretto del Ministero dell’Agricoltura in caso di inadempienze regionali. Secondo l’intervento di Andrea Zanoni, consigliere regionale di Europa Verde, citato da Il Dolomiti, “la caccia dovrebbe essere abolita definitivamente, non potenziata.”
Questo scenario rischia di aprire la strada a nuove procedure d’infrazione europee e a una privatizzazione delle risorse naturali, che la Costituzione italiana riconosce come patrimonio di tutti. Oltre agli impatti ecologici, aumenteranno le difficoltà di controllo contro il bracconaggio e diminuiranno le garanzie per la sicurezza pubblica.
Il ruolo di Giorgia Meloni in questa profonda trasformazione della legge sulla caccia rappresenta un passaggio fondamentale per la politica ambientale italiana. La riforma ha scatenato una forte reazione sociale e promette di restare al centro del dibattito pubblico nei prossimi mesi.
Il futuro della biodiversità italiana, della tutela ambientale e dell’identità stessa del nostro territorio dipenderà dalle scelte che verranno adottate in Parlamento. Restare informati e partecipare al confronto pubblico è fondamentale per chiunque abbia a cuore il futuro della natura in Italia.